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mercoledì 10 ottobre 2012

ancora su Luciano Lama

ancora su Luciano Lama nel marzo del 1977 decise di parlare ai giovani della Sapienza di Roma che da mesi avevano dato vita ad una serie di lotte di dura protesta per i processi di involuzione in corso della società italiana, il loro disagio esistenziali, la mancanza di prospettive per il futuro. Come si sa, fu violentemente contestato e costretto ad interrompere il suo discorso. Lama non si fece mai una ragione di quanto era accaduto e fu la prima crepa di lacerazione tra lui e la sua CGIL e l'Italia. Due anni prima aveva concordato con Agnelli, Presidente della Confindustria, il punto unico di contingenza che segnò il momento più alto dell'egualitarismo. La contingenza aveva lo stesso valore per l'operaio e per l'ingegnere cosa che nel tempo portò ad un appiattimento delle retribuzioni che comunque era molto più civile ed accettabile delle distanze abissali ed astronomiche che sono state riproposte negli anni successivi. IL prestigio della CGIL in Italia e nel mondo era enorme. Luciano Lama era uno dei più elogiati leaders sindacali. La contestazione di Lama fu vissuta dalla CGIL con disagio, irritazione, rabbia e tagliò un importante canale di comunicazione tra movimento operaio e movimento studentesco. Allora fui solidale con Lama e partecipai anche io alla riprovazione dei giovani. Ma da tempo ho cambiato idea e mi sono convinto che Lama e la CGIL sbagliassero. Il progetto riformista di cambiamento della società italiana sostenuto da Lama ed anche dal PCI era sostanzialmente sbagliato ed alla lunga perdente. Serviva certamente a Berlinguer ed al PCI per portarli al governo cosa che poi avvenne con Andreotti ma non poteva essere riconosciuto dai giovani come la strada maestra che li avrebbe aiutati nella vita. Quanto sta accadendo oggi è la prova che il sistema occidentale sopporta piccole dosi di riformismo se queste non incidono nel funzionamento del suo meccanismo generale. Ma non più di tanto e non per sempre. L'analisi fatta dai movimenti studenteschi e poi dalle Brigate Rosse sullo Stato delle Multinazionali era radicale ma giusta e forse non del tutto espressiva del "male" di cui è capace il capitalismo e che oggi si esprime nella disgregazione delle nazioni estranee alla sua cultura e nella cancellazione dei diritti delle classi lavoratrici e dei popoli dello stesso Occidente. Credo che la CGIL abbia sbagliato nel rifiutare in blocco il massimalismo dei giovani. Se il massimalismo è diventato terrorismo la responsabilità va ricercata non solo nei cattivi maestri ma anche nell'isolamento al quale i giovani furono condannati dai partiti della sinistra e dal sindacato. Certo il terrorismo è stata una pagina dolorosa della storia italiana per quanti lo stanno pagando con le carceri e per quanti lo hanno pagato con la loro vita. Ma il terrorismo è stato creato anche dalla disperazione dell'isolamento. Forse se ci fosse stato un dialogo tra lavoratori e giovani il corso della storia sarebbe stato un altro. Ma la CGIL vevniva spinta nel solco del compromesso storico e non aveva la forza di proporre una sua alternativa fatta di un riformismo più accetto alle nuove generazioni ed alle loro esigenza. La teoria della austerità che poi era anche quella di Ugo La Malfa dei tre fratelli ha portato alla sconfitta operai e studenti.

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